Perché LUCE E FIORI è uno dei migliori corti di sempre

Se qualcuno mi chiedesse: "Ehi Keyser, quali sono per te i migliori corti di sempre?" sicuramente Luce e Fiori di Sean Penn è uno dei primi che mi verrebbe in mente. Il cortometraggio in questione fa parte del progetto corale 11/09/2001 in cui fu chiesto a 11 registi di dare il proprio punto di vista sugli attentati dell’11 settembre del 2001.

Ogni episodio dura esattamente 11 minuti, 9 secondi e un fotogramma.

SINOSSI

Un anziano trascorre la sua vita in un appartamento oscurato dalle Torri Gemelle.

L'uomo, rimasto vedovo, sfoga la sua solitudine parlando con la moglie defunta come se fosse ancora in vita e coltivando il suo vaso di fiori, appassiti per la mancanza di luce.

Il crollo improvviso delle Torri permette alla luce di inondare l'appartamento, rivitalizzando i fiori.

L'anziano, felice per l'accaduto, fa per mostrare il vaso alla moglie ma la luce "svela" l'illusione in cui ha vissuto fino ad allora.

Il Corto

Il personaggio

Il protagonista è il celebre Ernest Borgnine, noto per capolavori come Da qui all’eternità (1953)Il Mucchio Selvaggio (1969) anche se, per me, resta indelebile la sua interpretazione come tassista di Jena (Snake) Plissken in 1997: Fuga da New York (1981) di John Carpenter. In questo corto sfrutta a tratti il suo peso corporeo, tanto da sembrare un’animale spiaggiato, ma al contempo riesce ad essere leggero come una farfalla, come quando volteggia mentre si toglie la camicia.

Una grandissima prova d’attore.

hollywood borgnine

L'importanza della luce

Anche quando è giorno ci sono solo luci artificiali ad illuminare l'ambiente, creando un particolare effetto notte che sottolinea quanto opprimente sia la clausura del protagonista nel suo micro mondo. La TV è spesso la sola luce dominante in scena, l'unica finestra su ciò che avviene nel mondo esterno, quello reale...mentre dall'armadio, dove tiene i vestiti della moglie, proviene l'unica luce calda. Il momento in cui li sceglie è uno dei pochi felici della sua giornata. .

Il direttore della fotografia Samuel Bayer, affermato regista di videoclip, mantiene la camera sempre in movimento. Usa split-screen, jump-cut e immagini fuori fuoco per ridurre al minimo la profondità di campo. Tutte scelte tecniche per creare un senso di confusione nello spettatore, immerso più da vicino nella limitata percezione della realtà del protagonista.

Nel finale, irrompe nella stanza la luce. La fine dell’illusione conduce alla tragica consapevolezza, riportando l’attenzione sui fiori, inaspettatamente rinati. Il colore predominante dei fiori è il rosso, una tonalità che attira subito la nostra attenzione. Il grande direttore della fotografia e Premio Oscar Vittorio Storaro lo definisce: 

“l’inizio attuale di tutte cose, del resto è il primo colore che vediamo appena nati".

L’immagine conclusiva, dove l’ombra del crollo della seconda torre compone un quadro fatto di luce da una parte e ombra dall’altra, è davvero molto potente. Una tela divisa in due, come sarà  l’America da quel momento in avanti. Forse Sean Penn vuole dirci che questo evento è fatto di luci e ombre, che non tutto è spiegabile. Esiste una speranza? Il senso ultimo rimane proiettato sulla coscienza dello spettatore, conta per quello che rivela.

 Certo, i significati sono molteplici, ma la bellezza dell’immagine dei fiori rinati come simbolo di una tragedia rimane scolpito nella mente.

L'occhio di Keyser

Il film inizia con il suono persistente di una sveglia, che se notate riporta l’orario degli attentati; sarà un brusco risveglio per l’America. La prima immagine che vediamo sono i fiori "fuori fuoco" necessari alla luce per destarsi. Una chiara anticipazione del finale.

La pianta diventa un’alter-ego delle Torri Gemelle.

Quando il protagonista dice “E Dio fece la luce”, Sean Penn usa una metafora politica per indicare che gli autori degli attentati, gli Shahid (in arabo testimoni della fede) sono guidati dal fondamentalismo religioso (il regista Alejandro Inarritu nel corto sullo stesso tema si chiede alla fine se la luce di Dio ci guidi o ci accechi). Successivamente il protagonista aggiunge “mi chiedo perché”, la frase può essere letta a vari livelli: si può riferire a sé stesso, alla causa della moglie morta, al crollo delle Torri...

Verso la fine, i diversi piani narrativi e gli stati d’animo si sovrappongono. La figura della moglie è presente fino a che, nel finale, ella si dissolve, così come si sono dissolte le Twin Towers.

Gli USA, così come il personaggio, perdono le loro certezze e sicurezze: la tragedia collettiva coincide con quella personale, una chiara sineddoche. L’America era stata, come lui, cieca e incapace di vedere le conseguenze delle sue scelte negli ultimi decenni.

Cari miei, per il momento è tutto... Appuntamento al prossimo corto!

Ciao a tutti da KeyserSoze che prende e...

"sparisce!"