Impossibile, oggi, non dedicare la nostra copertina ad uno dei più indelebili, drammatici ed importanti mediometraggi del cinema moderno.
Notte e Nebbia (1955) di Alain Resnais rimane traumatico e sconcertante a distanza di oltre 70 anni. Le cronache - fiction o documentaristiche - che nei decenni hanno contribuito alla conservazione della Memoria, sono molte. Come non citare, tra le più ammirevoli, l'epopea di Shoah (1985) di Claude Lanzmann o il processo tenutosi a Gerusalemme nel 1961 ad un carnefice dell'Olocausto, Adolf Eichmann, riproposto in maniera clinica, agghiacciante e a tratti straziante nel documentario Uno Specialista (1999) da Eyal Sivan.
Ma Notte e Nebbia rimane un documentario che mescola testimonianza e denuncia ad una metafisica del male e dell'orrore. Quei contrasti tra immagini scioccanti e narrazione intensa e poetica - con le parole scritte da Jean Cayrol e narrate da Michel Bouqet - restano indelebili anche dopo un'unica visione.
Un film di estrema verità , così duro che - va ricordato - fu inizialmente rifiutato dal festival di Cannes 1956 per la drammaticità delle immagini e dei contenuti e "riabilitato" solo dopo molti anni. La democratica Europa non era ancora disposta ad ammettere le proprie colpe, lavando la propria coscienza in pubblico.
Un film che racconta ma che anche induce a quelle che sono le dovute riflessioni su una società "ignara e innocente" del dramma che si stava consumando; con quei campi non molto distanti dalle città ma ignorati, come parte di un fondale immobile, inerme. La vita proseguiva normalmente e intorno l'indicibile. L'impensabile... L'economia di società made in USA che siglavano contratti commerciali col Terzo Reich, dall'IBM alla Coca-Cola (che inventò la Fanta per l'occasione e passare più inosservata...). Sembra assurdo, ma è successo. E sappiamo di esserne coinvolti ancora, in quel tipo di ipocrisia...
La storia del mondo insegna, purtroppo, che non c'è limite alle atrocità che possiamo commettere tra noi. E' sempre accaduto e continua ad accadere, mentre il velo davanti ai nostri occhi ci fa sopportare la nostra necessaria normalità . Eppure quell'episodio, quell'Olocausto, è giusto che diventi un simbolo, un memento... perché non è questione di numeri, di episodi che hanno visto ancora più morti, che sia il Rwanda, la Russia o l'Armenia.
Qui si tratta di un metodo. Quel metodo chiamato appunto Notte e Nebbia dai nazisti. Quel protocollo per eliminare scientificamente un popolo, più popoli.
Selezione, imposizione, condizionamento psicologico, sfruttamento, sterminio.
Un film cult degli anni '90 recitava: "L'infanzia finisce nel momento in cui scopri che un giorno morirai.". Forse è così. Ma forse l'innocenza si perde davvero quando scopri IL MODO in cui possiamo morire.
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